E' scomparsa a 60 anni l' attrice Carrie Fisher. Portò sullo schermo l'iconico personaggio della saga di "Star Wars", ma fu anche la "quasi moglie" di John Belushi in "The Blues Brothers".
“Che diavolo sono? Paste danesi??”
Leggenda vuole che fu questo il commento di Brian De Palma dopo aver visto l'acconciatura di Carrie Fisher nei panni della principessa Leia (Leila per noi italiani) durante una preview di “Guerre Stellari” organizzata in amicizia da George Lucas con Steven Spielberg e Martin Scorsese. La povera Carrie e tutto il film divennero lo zimbello di De Palma per due ore. Se solo il buon Brian avesse potuto immaginare che proprio quelle “paste danesi” sarebbero diventate une delle icone di un film che da solo ha incassato più dell'intera sua filmografia...
E' vero, comunque: difficile immaginare Carrie Fisher in trucco e parrucco differenti da quelli della candida Principessa. Negli anni successivi, ad onor del vero, i fans più cresciutelli la ricordano con ancor più piacere vestita di un succinto bikini metallico ne “Il Ritorno dello Jedi”, ma chi la vide per la prima volta in “Guerre Stellari” (il “globalizzato” Star Wars era ancora di là da venire), negli occhi avrà per sempre le “paste danesi”.
Film, libri, sceneggiature...
Ex moglie di Paul Simon, figlia dell' attrice Debbie Reynolds (ballerina e star di Cantando sotto la pioggia) e del cantante Eddie Fisher, Carrie - scomparsa oggi, 27 dicembre, per le conseguenze di un attacco cardiaco che l'ha colpita tre giorni fa – viene spesso ricordata anche per il ruolo della moglie abbandonata sull'altare da John Belushi/Jake Blues in The Blues Brothers, ma la sua filmografia è molto più ampia, anche se lontana dal donarle nuovamente i fasti della saga stellare.
E' stata l'amica di Sally/Meg Ryan in Harry Ti Presento Sally, ma ha lavorato anche con Woody Allen (Hannah e le sue sorelle), Wes Craven (Scream 3) e David Cronenberg (Maps To The Stars), oltre a innumerevoli apparizioni da caratterista.
Un po' meno nota è la sua carriera come scrittrice e sceneggiatrice: è del 1987 il suo primo romanzo semi-autobiografico Cartoline dall'Inferno (diventato poi un film con Meryl Streep, Shirley MacLaine e Gene Hackman, di cui la Fisher è stata anche sceneggiatrice) in cui non faceva mistero dei rapporti non facili con la madre e dei trascorsi da tossicomane, a cui è seguìto qualche anno dopo Non c'è come non darla (Surrender The Pink). Come sceneggiatrice, spesso non accreditata, ha messo qualche “pezza” agli script di Hook di Steven Spielberg, Last Action Hero con Arnold Schwarzenegger e Sister Act.
Il ritorno della principessa.
Di recente Carrie Fisher era tornata al cinema vestendo – quasi quarant'anni dopo - i panni del personaggio della notorietà, quella principessa con cui spesso ha avuto problematici rapporti (vedi lo spettacolo teatrale Wishful Drinking del 2009, sorta di confessione pubblica sui propri trascorsi personali, in cui ampio spazio aveva proprio il conflitto con Leia).
Nel 2015, in Episodio VII – Il Risveglio Della Forza, Carrie ha dato vita ad una principessa Leia (anzi, ormai Generale Leia) invecchiata, quasi irriconoscibile. Torme di fans decerebrati si scagliarono letteralmente sulla “vecchiaia” dell'attrice, non accettandone l'aspetto, tanto da costringere il cast del film a schierarsi in sua difesa. Ma non c'è reazione idiota che possa tenere testa alla realtà: Carrie Fisher rimarrà per sempre la principessa Leila, immutata per chi, quarant'anni fa, la vide fronteggiare Darth Fener (anche Vader sarebbe arrivato più tardi) con in testa delle “paste danesi”.